La sentenza 303 Creative LLC v. Elenis della Corte Suprema degli Stati Uniti, tra public accommodation laws e Primo Emendamento: una slippery slope in materia antidiscriminatoria

Daniele Camoni

Ricercatore di Diritto Pubblico Comparato, Università di Milano

(Contributo pubblicato online first)

Abstract

Il presente articolo intende proporre alcune riflessioni a partire dalla recente sentenza 303 Creative LLC v. Elenis della Corte Suprema degli Stati Uniti: in particolare, essa ha dichiarato che il diritto alla libera espressione del pensiero non consente ad uno Stato di obbligare il titolare di un pubblico esercizio a manifestare – attraverso un’attività commerciale ritenuta “espressiva” – un’opinione con la quale si trova in disaccordo. L’analisi di detta pronuncia e dell’opinione dissenziente sarà poi inquadrata in una prospettiva più ampia, nella quale si ricostruiranno i delicati rapporti tra le legislazioni antidiscriminatorie statali in relazione alle attività dei pubblici esercizi (public accommodation laws), il diritto alla libertà di espressione e il diritto di libertà religiosa, con specifica e costante attenzione alla giurisprudenza della Corte Suprema in materia.

The article aims at proposing some remarks starting from the recent judgment 303 Creative LLC v. Elenis of the Supreme Court of the United States: in particular, it was declared that the right to free expression of thought does not allow a State to constrain the owner of a public establishment to express – through an “expressive” commercial activity – an opinion with which he/she disagrees. The analysis of the judgment and the dissenting opinion will then be framed in a broader perspective, dealing with the delicate relationships between State anti-discrimination legislations in relation to the activities of public establishments (public accommodation laws), the right to freedom of expression and religious freedom, with specific and constant attention to the jurisprudence of the Supreme Court on these topics.

Sommario

1. Premessa introduttiva. – 2. 303 Creative LLC v. Elenis davanti alla Corte Suprema: «free speech now, free speech tomorrow, free speech forever»? – 3. L’opinione dissenziente di Justice Sotomayor ed i confini materiali dell’attività “espressiva”. – 4. Il futuro di 303 Creative LLC v. Elenis: una slippery slope in materia antidiscriminatoria? – 4.1.Public accommodation laws lose? Il rapporto con la Free Speech Clause. – 4.2. Public accommodation laws win? Il rapporto con la Free Exercise Clause. – 5. Riflessioni conclusive.

Diritto penale e discriminazione delle persone lgbtqia+

Paolo Caroli

Ricercatore di diritto penale, Università di Torino

(Contributo pubblicato online first)

Abstract

Il contributo analizza le risposte offerte dal diritto penale italiano alla discriminazione delle persone lgbtqia+, in primo luogo analizzando le diverse fattispecie di reato in cui è possibile sussumere molte forme di omotransfobia, sia fisica che verbale. Nella seconda parte, invece, si prenderanno in considerazione i vuoti di tutela: i casi di discriminazione e propaganda per i quali il diritto penale non dispone di strumenti di persecuzione e punizione. In assenza di un intervento legislativo ad hoc, dunque, vi sono forme di discriminazione che non trovano alcuna sanzione da parte del nostro ordinamento e sono perciò penalmente lecite. Nel corso della disamina si analizzeranno anche i meccanismi creativi con cui la giurisprudenza di merito tenta di supplire a tali carenze, nonché i tentativi – per i casi che invece sono già penalmente rilevanti – di supplire all’assenza di una circostanza aggravante di omotransfobia.

The paper analyses the responses offered by Italian criminal law to discrimination against lgbtqia+ persons, firstly by analysing the different types of offences under which many forms of homotransfobia, both physical and verbal, can be subsumed. In the second part, on the contrary, the paper considers the gaps in protection: the cases of discrimination and propaganda for which criminal law has no instruments of prosecution and punishment. In the absence of ad hoc legislative intervention, therefore, there are forms of discrimination that find no sanction from our system and are therefore criminally permissible. In the course of the examination, we will also analyse the creative mechanisms with which the jurisprudence attempts to make up for these shortcomings, as well as the attempts – for cases that are already criminally relevant – to make up for the absence of an aggravating circumstance of homotransfobia.

Sommario

1. Introduzione. – 2. Punire la discriminazione lgbtqia+ con i reati esistenti. – 2.1. Ingiuria e diffamazione. – 2.2. Minaccia. – 2.3. Stalking. – 3. La “discriminazione” che non costituisce reato. – 3.1. La discriminazione “pura”. – 3.2. La propaganda “pura”. – 4. I tentativi di risposta in via giurisprudenziale. – 4.1. Il decoro collettivo del “movimento lgbt” – 4.2. Il diritto del lavoro. – 4.3. Una lacuna colmabile solo dal legislatore. – 5. I tentativi giurisprudenziali di colmare l’assenza di un’aggravante ad hoc – 5.1. Mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche. – 5.2. Applicazione dell’aggravante comune dei motivi abietti o futili ex art. 61 c.p., n. 1. – 5.3. Mancata concessione della sospensione condizionale della pena. – 5.4. L’orientamento che applica comunque l’art. 604 ter c.p. – 5.5. Una giurisprudenza non univoca. – 6. Odio online e diritto penale impotente? – 7. Conclusioni.

Diffamazione e hate speech: quando il giudizio non è meramente critico ma discriminatorio in ragione dell’orientamento sessuale

Antonella Madeo

Professoressa associata di Diritto penale, Università degli studi di Genova

(Contributo pubblicato online first)

Abstract

Nella sentenza in esame, Corte di Cassazione, quinta sezione penale, ud. 28 aprile-dep. 5 luglio 2022, n. 25759, la Cassazione affronta un tema classico: i confini tra esercizio del diritto di critica e diffamazione. Il caso, peraltro, presenta una peculiarità che, a quanto ci consta, non ha precedenti: il giudizio critico su cui verte la vicenda appare discriminatorio in ragione dell’orientamento sessuale del destinatario. Esso è rivolto, infatti, ad un’associazione in ragione delle sue finalità statutarie, rappresentate dalla lotta contro le discriminazioni e dalla promozione dell’inclusione sociale delle persone omossessuali. Il pregio della pronuncia è avere attribuito per la prima volta al giudizio diffamatorio discriminatorio valenza di hate speech, sulla falsariga dell’orientamento della giurisprudenza europea, nonché avere sottolineato la rilevanza dell’attualità del fatto oggetto di critica ai fini della pertinenza.

In the decision, Italian Court of Cassation, fifth criminal section, hearing on April 28th published on July 5th 2022, no. 25759, the Cassation deals with a classic theme: the boundaries between the exercise of the right to criticize and defamation. The case, moreover, presents a peculiarity which, as far as we know, is unprecedented: the critical judgment on which the story relates appears to be discriminatory due to the sexual orientation of the addressee. In fact, it is addressed to an association due to its statutory purposes, represented by the fight against discrimination and the promotion of the social inclusion of homosexual people. The merit of the decision is to have attributed for the first time to the discriminatory defamatory judgment the value of hate speech, according to the European case-law, as well as to have underlined the relevance of the actuality of the fact object of criticism for the purposes of pertinence.

Sommario

1. Il fatto. – 2. La vicenda giudiziaria. – 3. I requisiti per l’esercizio legittimo del diritto di cronaca, di critica, di satira. – 4. Le argomentazioni della Cassazione. – 4.1. Sulla veridicità del nucleo fattuale. – 4.2. Sull’attualità qualificante l’interesse pubblico. – 4.3. Sulla qualificazione del giudizio dissenziente come critica politica. – 4.4. L’intento, il contenuto e la forma discriminatoria: gli estremi dello hate speech. – 4.5. Sul limite della continenza. – 5. Osservazioni conclusive.

Il corpo è lo specchio dell’anima? La stigmatizzazione e la criminalizzazione delle persone “grasse” sulla base del loro aspetto fisico è anche una questione di genere?

Roberta Dameno

Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università di Milano – Bicocca

(Contributo pubblicato online first)

Abstract

Il corpo umano assume un’importanza cruciale nella definizione delle identità personali. Deve sottostare agli ideali di decoro, di salute e di bellezza. Chi non si conforma rischia l’esclusione sociale, la medicalizzazione e la criminalizzazione. Le persone grasse sono un esempio di come la società stigmatizza i corpi che deviano da ciò che è considerata una condizione normale.

The human body takes on crucial importance in defining personal identities. It must submit to the ideals of decorum, health and beauty. Those who do not conform risk social exclusion, medicalization and criminalization. Fat people are an example of how society stigmatizes bodies that deviate from what is considered a normal condition.

Sommario

1. Introduzione. – 2. Alcune premesse. – 3. Il corpo sociale. – 4. Il peso del corpo è una questione di genere? – 5. Obeso o non obeso: una questione di numeri. – 6. L’obesità: la nuova pandemia? – 7. Le cause del (sovrap)peso: colpa individuale o fattori sociali? – 8. Il peso della discriminazione. – 9. Conclusioni.

Convegno GenIUS 2021

Hate Speech, Digital Discrimination, and the Internet of Platforms

Venerdì 26/03/2021, ore 14:00 (GMT+1), su Microsoft Teams Live

NB: gli orari indicati nella locandina sono riferiti al fuso orario GMT (un’ora indietro rispetto all’Italia)

Link di accesso diretto all’evento https://tinyurl.com/y63fm5mf

E’ raccomandata, seppur non obbligatoria, la registrazione all’evento sul sito Eventbrite. Clicca qui sopra sul titolo del convegno per essere reindirizzato alla pagina Eventbrite dell’evento

Protection of Transgender Employees from Discrimination: Is There Convergence Between the Approaches of the US Supreme Court and the Court of Justice of the European Union?

Turkan Ertuna Lagrand

Senior Lecturer, Erasmus University Rotterdam

(Contributo pubblicato online first)

Abstract

On June 15, 2020, in its landmark decision of R.G. & G.R. Harris Funeral Homes Inc. v. Equal Employment Opportunity Commission, the United States Supreme Court held that an employer who fires an individual merely for being transgender violates existing US law. This judgment is significant not only for being the first case before the Supreme Court relating to the rights of transgender individuals, but also because in this judgment the Court breaks away from a number of settled approaches ingrained in the reasonings of US Courts of various levels. In building up on this case law and considering what its effects might be on the legal protection afforded by the European Union at first sight the two courts seem to be on the same page. Indeed, the Court of Justice of the European Union dealt with the same issue in 1996 in P. v S. and Cornwall County Council, which became the first case law in the world preventing discrimination because a person is transgender. This paper investigates the extent to which the reasonings leading up to these judgments converge and finds, next to clear parallels, a number of elements which diverge. By looking into these varying approaches, the courts, lawyers and activists can better contribute to advancing the rights of transgender persons by looking into these different approaches.

Il 15 giugno 2020, nella sua storica decisione in R.G. & G.R. Harris Funeral Homes Inc. contro Commissione per le pari opportunità, la Corte Suprema degli Stati Uniti ha ritenuto che un datore di lavoro che licenzia un individuo semplicemente per essere transgender viola la legge statunitense esistente. Tale sentenza è significativa non solo per essere stata la prima causa dinanzi alla Corte Suprema relativa ai diritti delle persone transgender, ma anche perché la Corte si discosta da una serie di approcci consolidati radicati nelle argomentazioni dei tribunali statunitensi di vario ordine e grado. Basandosi su questa giurisprudenza e considerandone i relativi effetti sulla tutela giuridica offerta dall’Unione europea, a prima vista, le due giurisdizioni sembrano essere sulla stessa linea. Infatti, la Corte di giustizia dell’Unione europea ha affrontato la stessa questione nel 1996 in P. contro S. e Cornwall County Council, che è diventata la prima giurisprudenza al mondo a prevenire la discriminazione perché una persona è transgender. Questo articolo analizza fino a che punto le argomentazioni che portano a tali conclusioni convergano rispetto ad una serie di elementi di chiara divergenza. Esaminando questi diversi approcci, giudici, avvocati e attivisti possono contribuire meglio a far avanzare i diritti delle persone transgender.

Sommario

1. Introduction – 2. US Supreme Court on LGBTI+ rights – 3. Protection of transgender persons by US courts – 4. R.G. & G.R. Harris Funeral Homes Inc. v. Equal Employment Opportunity Commission (EEOC) – 5. The Judgment and Its Significance – 6. The EU Approach for the Protection of Transgender Persons – 7. P. v S. and Cornwall County Council – 8. Convergence Between the Reasonings of the ECJ and the Supreme Court – 9. Conclusion

Il riconoscimento dell’identità di genere tra sport e non discriminazione: la vicenda di Caster Semenya

Elena Falletti

Ricercatrice di diritto privato comparato presso LIUC

(Contributo pubblicato online first)

Abstract

Caster Semenya è una atleta sudafricana diventata nota per aver vinto delle medaglie olimpiche nelle gare atletiche di mezzofondo, la sua specialità. Recentemente è stata protagonista di una importante decisione del CAS (Court of Arbitration for Sport), il tribunale arbitrale per lo sport. La questione in discussione riguarda il fatto che il corpo di Caster produce naturalmente, e non attraverso il doping, una quantità di testosterone che, secondo le altre atlete e la IAAF, le fa guadagnare un vantaggio sleale nelle competizioni atletiche. Siffatta produzione ormonale è dovuta alla sindrome che caratterizza Caster dalla sua nascita, ovvero il 46XY. Al fine di equiparare le “forze” sulla pista atletica, la IAAF ha limitato la tolleranza di 5 nanomoli di testosterone per litro di sangue per le atlete con sindrome 46XY. Caster ha sfidato questa disposizione davanti al CAS, mentre la IAAF ne ha sospeso l’applicazione. Il 1 ° maggio 2019, la Corte Arbitrale per lo Sport ha rigettato l’istanza e Caster nel frattempo ha mutato i suoi obiettivi sportivi. L’interesse di questa decisione va oltre la questione sportiva perché impone una conformità di genere anche a scapito della salute e delle qualità individuali che dovrebbero rendere unica ogni persona. Lo scopo di questo contributo è dimostrare perché la decisione del CAF non riguarda solo la salute degli atleti, ma consiste nella violazione di una barriera che deve rimanere insormontabile: il rispetto della dignità (e quindi delle caratteristiche) della persona.

Caster Semenya is a South African athlete famous for winning Olympic medals in the middle distance race, her specialty. She was recently the subject of a decision by the Court of Arbitration for Sport. Caster’s body naturally produces, and not through doping, a quantity of testosterone which according to her competitors and the IAAF makes her to gain an unfair advantage in athletic competitions. This hormonal production is due to the syndrome that characterizes Caster from her birth, namely the 46XY. In order to “equalize” the “forces” on the athletic track, the IAAF has set a limit of 5 nanomoles of testosterone per liter of blood on the runners who had the 46XY syndrome. Caster challenged this provision before the CAS and the IAAF suspended it for a certain period. On May 1st 2019, the Court of Arbitration for Sport rejected her claim, and in the meantime Caster changed her sport goals.The interest of this decision goes beyond the athletics matter because it imposes a gender conformity even to the detriment of the health and of individual qualities that should make each person unique. The purpose of this paper is to demonstrate why the CAF decision does not only concern the health of the athletes, but it consists of the violation of a barrier that must remain insurmountable: the respect for the dignity (and therefore for the characteristics) of the person.

Sommario

1. Introduzione. 2. Il precedente Chand. 3. Le DSD Regulations. 4. Il lodo arbitrale inerente Caster Semenya. 5. L’identità di genere e l’abilità sportiva: il ruolo del testosterone. 6. Conclusioni: quali possibili soluzioni?

“Because of … sex”: Inspirations from the European Court of Justice for the United States Supreme Court in the First Transgender Rights Case Before It

Turkan Ertuna Lagrand

Senior Lecturer, Erasmus University Rotterdam

(Contributo pubblicato online first)

Abstract

Nell’estate del 2020, la Corte Suprema degli Stati Uniti si pronuncerà sul caso R.G. & G.R. Harris Funeral Homes Inc. v. Equal Employment Opportunity Commission, il primo caso relativo ai diritti dei transgender di cui la Corte sia mai stata investita. In assenza di leggi federali che proteggano le persone transgender dalle discriminazioni, la sentenza è destinata a diventare un punto di riferimento in materia, in particolare qualora la Corte dovesse rispondere affermativamente al quesito che le è stato posto, vale a dire se il Titolo VII del Civil Rights Act del 1964 proibisce le discriminazioni contro le persone transgender in base al loro status di transgender o agli stereotipi sessuali. La Corte di giustizia dell’Unione europea si è già occupata di analoga questione nel 1996, nella storica sentenza in P. c. S. e Cornwall County Council, in cui la Corte ha deciso che la Direttiva n. 76/207 del Consiglio relativa all’attuazione del principio della parità di trattamento fra gli uomini e le donne, che all’epoca – come oggi negli Stati Uniti – era l’unico atto legislativo disponibile, proteggeva le persone transgender da trattamenti discriminatori. Questo articolo intende offrire un contributo al dibattito sulla possibilità che il divieto di discriminare in base al sesso contenuto nel Titolo VII si applichi anche alle discriminazioni verso i transgender, analizzando la succitata pronuncia della Corte di giustizia e applicando i principi ivi utilizzati al caso pendente dinanzi alla Corte Suprema degli Stati Uniti.

In the summer of 2020, the United States Supreme Court will deliver its judgment on the first transgender rights case before it, R.G. & G.R. Harris Funeral Homes Inc. v. Equal Employment Opportunity Commission. In the lack of federal laws protecting transgenders from discrimination, the case will be a landmark, should it answer the question before it affirmatively, namely “whether Title VII [of the Civil Rights Act of 1964] prohibits discrimination against transgender people based on their status as transgender or sex stereotyping.’ The ECJ has dealt with the same issue in 1996 for its landmark decision of P. v S. and Cornwall County Council in which the European Court has decided that Council Directive 76/207 on the principle of equal treatment for men and women, which -like the US situation- was the only available piece of legislation at the time, protected transgender persons against discrimination. This paper offers a contribution to the debate around whether the prohibition contained in Title VII to discriminate “because of … sex” covers transgender discrimination by analyzing the said ECJ case, and applying the principles utilized therein to the case before the US Supreme Court.

Sommario

1. Introduction. – 2. US Supreme Court on LGBTI+ rights. – 3. Protection of transgender persons by US courts. – 4. R.G. & G.R. Harris Funeral Homes Inc. v. Equal Employment Opportunity Commission (EEOC). – 5. The EU Approach for the Protection of Transgender Persons. – 6. P. v S. and Cornwall County Council. – 7. – Inspirations from the P. v. S. Judgment for the Supreme Court. – 8. Conclusion.

Carcere e Antidiscriminazione. Prime prove di tutela dei diritti a fronte della (dimidiata) riforma dell’ordinamento penitenziario

Sofia Ciuffoletti

Borsista di ricerca in Filosofia del Diritto, Università di Firenze e ricercatrice Centro di Ricerca Interuniversitario ADIR

(Contributo pubblicato online first)

Abstract

L’Autrice commenta l’Ordinanza Magistrato di Sorveglianza di Spoleto n. 2018/2407 del 18 dicembre 2018.

The author illustrates and comments on the judgement issued by the Magistrato di sorveglianza di Spoleto on Dec. 18th 2018, n. 2018/2407.

Sommario

1. Introduzione. – 2. Tutela antidiscriminatoria e imparzialità dell’amministrazione. – 3. Protezione e separazione: l’art. 14 Ord. penit. e le strategie amministrative di riduzione del rischio. – 4. Dall’isolamento protettivo individuale alle sezioni protette promiscue. – 5. Vulnerabilità in contesto. – 6. Sul concetto di promiscuità: dal problema alla soluzione e di nuovo al problema. – 7. Separazione, protezione e trattamento, una triade di difficile composizione. – 8. La discriminazione secondaria. – 9. Antidiscriminazione e dignità. – 10. Conclusione