Sui discorsi d’odio omofobi. Il caso della Svizzera in prospettiva comparata

Micol Ferrario

Assegnista di ricerca, Università di Torino

(Contributo pubblicato online first)

Abstract

Il presente contributo offre un’analisi comparata di alcune delle più significative riforme sui discorsi d’odio omofobi e, attraverso l’approfondimento del caso svizzero, mette in evidenza la necessità di riconoscere una tutela anche contro gli atti perpetrati in base all’identità di genere. Dopo avere esaminato le legislazioni sui discorsi d’odio omofobi vigenti in alcuni Stati del Consiglio d’Europa, l’articolo si concentra sulla Svizzera ove, nel 2020, è stata estesa la portata dell’art. 261bis del Codice penale agli atti di discriminazione e incitamento all’odio perpetrati in forza dell’orientamento sessuale. Il Tribunale federale ha per la prima volta applicato questa fattispecie nella sentenza 6B_1323/2023, dalla cui analisi si evince la necessità di dovere provvedere una tutela anche per le persone transgender e intersex.

This article offers a comparative insight on some of the most meaningful revisions on homophobic hate speech and through the Swiss case study underlines the need to acknowledge a protection also against the violations grounded on gender identity. After the examination of the legislations on homophobic hate speech applied in some Member States of the Council of Europe, the paper focuses on Switzerland where, in 2020, the scope of art. 261bis of the Swiss Criminal Code has been extended to the acts of discrimination and incitement to hatred based on sexual orientation. The Swiss Federal Tribunal convicted for the first time a person for this offence in judgment 6B_1323/2023, whose analysis brings out the need to provide a protection also for transgender and intersex people.

Sommario

1. Introduzione. – 2. La criminalizzazione dei discorsi d’odio omofobi in prospettiva comparata. – 3. I discorsi d’odio omofobi in Svizzera: la modifica dell’art. 261bis del Codice penale svizzero. – 4. La sentenza 6B_1323/2023 del Tribunale federale svizzero. – 5. Riflessioni conclusive.

La sentenza 303 Creative LLC v. Elenis della Corte Suprema degli Stati Uniti, tra public accommodation laws e Primo Emendamento: una slippery slope in materia antidiscriminatoria

Daniele Camoni

Ricercatore di Diritto Pubblico Comparato, Università di Milano

(Contributo pubblicato online first)

Abstract

Il presente articolo intende proporre alcune riflessioni a partire dalla recente sentenza 303 Creative LLC v. Elenis della Corte Suprema degli Stati Uniti: in particolare, essa ha dichiarato che il diritto alla libera espressione del pensiero non consente ad uno Stato di obbligare il titolare di un pubblico esercizio a manifestare – attraverso un’attività commerciale ritenuta “espressiva” – un’opinione con la quale si trova in disaccordo. L’analisi di detta pronuncia e dell’opinione dissenziente sarà poi inquadrata in una prospettiva più ampia, nella quale si ricostruiranno i delicati rapporti tra le legislazioni antidiscriminatorie statali in relazione alle attività dei pubblici esercizi (public accommodation laws), il diritto alla libertà di espressione e il diritto di libertà religiosa, con specifica e costante attenzione alla giurisprudenza della Corte Suprema in materia.

The article aims at proposing some remarks starting from the recent judgment 303 Creative LLC v. Elenis of the Supreme Court of the United States: in particular, it was declared that the right to free expression of thought does not allow a State to constrain the owner of a public establishment to express – through an “expressive” commercial activity – an opinion with which he/she disagrees. The analysis of the judgment and the dissenting opinion will then be framed in a broader perspective, dealing with the delicate relationships between State anti-discrimination legislations in relation to the activities of public establishments (public accommodation laws), the right to freedom of expression and religious freedom, with specific and constant attention to the jurisprudence of the Supreme Court on these topics.

Sommario

1. Premessa introduttiva. – 2. 303 Creative LLC v. Elenis davanti alla Corte Suprema: «free speech now, free speech tomorrow, free speech forever»? – 3. L’opinione dissenziente di Justice Sotomayor ed i confini materiali dell’attività “espressiva”. – 4. Il futuro di 303 Creative LLC v. Elenis: una slippery slope in materia antidiscriminatoria? – 4.1.Public accommodation laws lose? Il rapporto con la Free Speech Clause. – 4.2. Public accommodation laws win? Il rapporto con la Free Exercise Clause. – 5. Riflessioni conclusive.

Constitutional democracy in action: Recognition of same-sex marriage in the Slovenian Constitutional system

Jernej Letnar Cernic

Full Professor of Human Rights Law, Faculty of Government and European Studies, New University, Slovenia

(Contributo pubblicato online first)

Abstract

This article presents and discusses three recent decisions by the Slovenian Constitutional Court on the right of same-sex couples to marry and their right to adopt children. The first two decisions relate respectively to the decision of the Slovenian Constitutional Court on the right to marriage of same-sex couples and their right to adopt children. The third decision includes the prohibition of the Constitution Court to hold a referendum on the issue of the right of same-sex couples to marry and their right to adoption, thereby upholding the principle of constitutional democracy. The decisions granted same-sex couples the right to marry and adopt for the first time in any post-communist country of Central and Eastern Europe. However, they have yet to be universally internalized and welcomed in Slovenian Society. They stirred and deepened ideological rupture between different sides of Slovenian society. Nonetheless, they reaffirmed the principle of constitutional democracy, which the Slovenian Constitutional Court should uphold in similar future decisions.

Questo articolo analizza tre recenti decisioni della Corte costituzionale slovena sul diritto delle coppie dello stesso sesso a sposarsi e sul loro diritto ad adottare bambini. Le prime due decisioni si riferiscono rispettivamente alla decisione della Corte costituzionale slovena sul diritto al matrimonio delle coppie dello stesso sesso e sul loro diritto ad adottare bambini. La terza decisione include il divieto della Corte costituzionale a indire un referendum sulla questione del diritto delle coppie dello stesso sesso a sposarsi e sul loro diritto all’adozione, sostenendo così il principio della democrazia costituzionale. Le decisioni hanno concesso alle coppie dello stesso sesso il diritto di sposarsi e adottare per la prima volta in un paese post-comunista dell’Europa centrale e orientale. Tuttavia, le stesse devono ancora essere universalmente interiorizzate nella società slovena, avendo suscitato una rottura ideologica tra le diverse componenti della società slovena. Merita tuttavia soffermarsi sul principio della democrazia costituzionale, che costituisce un importante precedente in simili decisioni future.

Summary

1. Introduction. – 2. Right to family life and marriage of same-sex couples. – 3. Decision U-I-486/20-14, Up-572/18-36 of the Slovenian Constitutional Court. – 4. Decisions no. U-I-91/21-19,  Up-675/19-32 of the Slovenian Constitutional Court. – 5. Decision no. U-I-398/22, 14.12.2022 of the Slovenian Constitutional Court. – 6. The primacy of the principle of constitutional democracy. – 7. Conclusions.

Nuovi orientamenti in tema di esame individuale delle domande di protezione internazionale? Il caso delle donne afghane al vaglio della CGUE

Claudia Candelmo

Ricercatrice a tempo determinato (RTD-B) di Diritto Internazionale, Università di Udine

(Contributo pubblicato online first)

Abstract

Il ritorno dei Talebani in Afghanistan ha comportato un arretramento significativo della tutela dei diritti umani, in particolare per le donne, sottoposte a limitazioni sempre più gravi delle loro libertà personali, tali da dare vita a una vera e propria persecuzione. Partendo dalle Conclusioni presentate dall’Avvocato Generale Jean Richard de la Tour nell’ambito di una domanda di pronuncia pregiudiziale formulata dal giudice austriaco, il contributo riflette sull’interpretazione della nozione di ‘persecuzione’ e di ‘esame individuale’ delle domande di protezione internazionale, sia ai sensi della Direttiva Qualifiche, sia alla luce del diritto internazionale rilevante. Il contributo si sofferma, in particolare, sulla possibilità che un esame della domanda che tenga specificamente conto della situazione dello Stato di provenienza e dell’appartenenza a un determinato gruppo sociale, senza interrogarsi ulteriormente sulla situazione individuale del richiedente, sia coerente non solo con il diritto UE, ma anche con il diritto internazionale in materia.

The return to power of the Taliban in Afghanistan has caused a significant setback in the protection of human rights, especially women rights, subject to ever-growing limitations of their personal liberties. Such limitations are so grave that they amount to persecution. Taking as a point of departure the Conclusions presented by Advocate General Richard de la Tour, in the framework of a request for a preliminary ruling by an Austrian Tribunal, the present article discusses the interpretation of the notion of ‘persecution’ and of ‘individual exam’ of requests of international protection according both to the Qualification Directive and to International Law. In particular, the article analyses the hypothesis that an exam taking into enhanced account the situation of the State of origin and the belonging to a social group, without considering the individual situation of the applicant can be considered compatible not only with EU Law but also with International Law on the topic.

Sommario

1. Introduzione – 2. Le domande di pronuncia pregiudiziale e le conclusioni dell’Avvocato Generale – 2.1 La necessità di un esame individuale della domanda di protezione internazionale – 3. La Convenzione di Ginevra e il diritto internazionale rilevante – 4. Conclusioni e prospettive future.

La piena realizzazione del diritto all’affettività e alla sessualità dei detenuti alla luce della sentenza n. 10 del 2024 della Corte costituzionale

Francesca Moro

Dottoranda di ricerca in diritto penale, Università di Trento

(Contributo pubblicato online first)

Abstract

Con la sentenza n. 10 del 2024, la Consulta ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 18 della Legge sull’ordinamento penitenziario (o.p.), nella parte in cui non prevede che la persona detenuta possa essere ammessa a svolgere i colloqui con il proprio partner, senza il controllo a vista del personale di custodia, quando non ostino ragioni di sicurezza, esigenze di mantenimento dell’ordine e della disciplina o ragioni giudiziarie. Ripercorse brevemente le tappe fondamentali che hanno condotto al riconoscimento dell’affettività intramuraria, anche in una declinazione fisica, il presente contributo intende analizzare nel dettaglio la decisione in oggetto, la quale suscita particolare interesse non solo per il suo contenuto, ma anche per la tecnica decisoria adottata dalla Corte – una sentenza additiva di principio – destinata a produrre i suoi effetti fin da subito nella realtà quotidiana degli istituti penitenziari.

In Judgment No 10 of 2024, the Italian Constitutional Court ruled that Article 18 of the Act on Penitentiary Order (o.p) is unconstitutional since it does not allow conjugal visits in prison, even when there are no security reasons to justify such restriction. After a brief description of the fundamental stages that led to the recognition of the prisoner’s right to sexuality, this paper analyses the above-mentioned judgment, which arouses particular interest not only for its content, but also for the decisional technique adopted by the Court which will produce its effects immediately.

Sommario

1. Il fondamentale contributo della Corte costituzionale in tema di diritti delle persone detenute – 2. La sentenza monito n. 301 del 2012: la Corte costituzionale bussa alla porta del legislatore – 3. Il legislatore non risponde: il Magistrato di Sorveglianza di Spoleto solleva nuovamente questione di legittimità costituzionale dell’art. 18 co. 3 o.p. – 4. La Consulta entra coraggiosamente dalla porta principale con una sentenza additiva di principio: sì ai colloqui intimi. – 4.1. L’irragionevolezza del divieto assoluto e l’irrinunciabilità di un bilanciamento, in concreto, tra interessi costituzionali. – 4.2. L’incongruo sacrificio imposto agli affetti del detenuto. – 4.3. Il pregiudizio alla persona nell’ambito familiare e relazionale e la frustrazione delle chances di reinserimento sociale. – 4.4. La necessità di un «fair balance» nella giurisprudenza di Strasburgo. – 4.5. Il vademecum finale della Consulta. – 5. Dai principi alla prassi: il rischio di possibili resistenze all’inveramento del diritto all’affettività e alla sessualità delle persone recluse.

Diritti della gestante, tutela della vita del nascituro e parto in casa: l’approccio del Tribunale costituzionale spagnolo

Sabrina Ragone, Valentina Capuozzo

Professoressa associata e Assegnista di ricerca di Diritto pubblico comparato, Università di Bologna

(Contributo pubblicato online first)

Abstract

Il contributo ripercorre le recenti tappe della giurisprudenza costituzionale spagnola in materia di parto in casa, con riguardo a un “hard case” in cui la gravidanza si era protratta oltre la quarantesima settimana. In due pronunce del 2022 e del 2023, il Tribunale costituzionale ha operato un complesso bilanciamento tra i diritti della gestante e la posizione giuridica del nascituro, avendo riguardo a una misura di ricovero coatto disposta dalla giurisdizione ordinaria. L’analisi riflette in prospettiva comparata sul ruolo di giudice e legislatore in merito, nonché sui diritti processuali e sostanziali rilevanti.

This paper deals with the recent Spanish constitutional jurisprudence regarding home births, with regard to a “hard case” in which the pregnancy was longer than the fortieth week. In two rulings issued in 2022 and 2023, the Constitutional Tribunal realized a balance between the rights of the pregnant woman and the legal position of the unborn child, having regard to a measure of forced hospitalization ordered by ordinary jurisdictions. The analysis reflects from a comparative perspective on the role of judges and legislators in this regard, as well as on the relevant procedural and substantive rights.

Sommario

1. Introduzione. – 2. Il caso. – 3. La risposta del Tribunal Constitucional. – 4. Un bilanciamento complesso nella cornice di una disciplina inadeguata. – 5. Considerazioni critiche sui diritti sostanziali. – 6. Considerazioni critiche sui diritti processuali.

Prime note sulla riforma costituzionale francese in tema di interruzione di gravidanza. C’è più di un oceano a separare Parigi da Washington

Francesca Rescigno

Professoressa associata di Istituzioni di Diritto Pubblico, Università di Bologna

(Contributo pubblicato online first)

Abstract

L’occasione per questa breve riflessione è fornita dalla recentissima riforma costituzionale francese con cui è stato inserito nell’articolo 34 il diritto all’interruzione di gravidanza. Questa modifica, dal forte significato simbolico, pone la Francia tra i Paesi maggiormente garantisti rispetto all’autodeterminazione femminile. La riflessione pone a confronto l’esperienza francese con quanto avvenuto negli Stati Uniti che con la sentenza Dobbs del giugno 2022 hanno compiuto un pericoloso passo indietro in materia di interruzione di gravidanza mettendo a rischio la salute psico-fisica delle donne. Due approcci e due modi di “utilizzare” la garanzia costituzionale molto diversi. Non si può che auspicare che ad imporsi sia il modello francese, interprete fedele della dignità di tutte le donne.

The occasion for this brief reflection is provided by the very recent French constitutional reform by which the right to the termination of pregnancy was included in Article 34. This change, which has a strong symbolic significance, places France among the most protective countries with respect to women’s self-determination. The reflection compares the French experience with what happened in the United States, which, with the Dobbs ruling of June 2022, took a dangerous step backward in the area of pregnancy termination, putting women’s mental and physical health at risk. Two very different approaches and two very different ways of “using” the constitutional guarantee. One can only hope that the French model, faithful interpreter of the dignity of all women, will prevail

Sui “venuti al mondo” grazie alla surrogazione di maternità, la Corte Edu supporta le Sezioni unite, ma delude (comprensibilmente) qualche aspettativa. Osservazioni a partire dalla sentenza C. c. Italia

Cristina Luzzi

Assegnista di ricerca in diritto costituzionale, Università di Pisa

(Contributo pubblicato online first)

Abstract

Con la sentenza C. c. Italia, la Corte Edu conferma l’idoneità dell’adozione in casi particolari a garantire, tempestivamente ed effettivamente, il diritto dei bambini nati grazie alla surrogazione di maternità al riconoscimento del rapporto di filiazione con il padre o la madre sociali, supportando così anche l’orientamento delle Sezioni unite sul punto. Inoltre, l’assenza di profili di novità della decisione conferma la perdurante primazia assunta in sede convenzionale dal legame biologico nella costruzione delle relazioni genitoriali, nonché la capacità dell’adozione in casi particolari di conciliare il divieto interno di surrogazione di maternità, e la dignità da quest’ultimo presidiata, con il diritto dei bambini a essere riconosciuti figli dei propri genitori solo sociali.

In C. v. Italy, the ECHR ruled that the Italian mechanism “special cases adoption” is suitable to guarantee in a prompt and effective manner the right of children born through a gestational surrogacy arrangement abroad to establish legally recognised filiation with their intended parents. The ECHR thus supported the previous decision of the Italian Court of Cassation, Plenary Assembly, on this issue. Moreover, in the analysed judgment, the ECHR confirmed biological ties relevance in the construction of parental relationships, as well as the ability of special cases of adoption to balance the domestic ban of surrogacy with the right of children to be recognized by their intended parents

Sommario

1. La complessità del panorama giurisprudenziale interno a proposito dello status filiationis dei bambini nati attraverso la surrogazione di maternità.– 2. Il diritto del minore all’identità personale tra possibili drammaticità della prassi e doverosi meccanismi di tutela effectifs e cèleres. – 3. All’origine di tutto: la surrogazione di maternità quale nodo irrisolto (o irrisolvibile?) anche a Strasburgo.

La nuova incriminazione della gestazione per altri. Problematiche definitorie e interpretative

Fabrizio Filice

Giudice del Tribunale di Milano

(Contributo pubblicato online first)

Abstract

La controversa fattispecie incriminatrice che prevede la punibilità con la reclusione della maternità surrogata, anche se realizzata interamente all’estero, non costituisce un’ipotesi di crimine internazionale soggetto a giurisdizione universale. La normativa italiana non considera la necessità, imposta dalla Corte europea dei diritti umani, di accertare che vi sia stato effettivamente uno sfruttamento delle donne e di assicurare sempre la salvaguardia dei legami parentali tra genitore intenzionale e figlio nato da maternità surrogata.

The controversial criminal law under which surrogacy, even if carried out entirely abroad, will be punishable by jail, is not an international “core crime”, as such submitted to the universal criminal jurisdiction. Italian legal system does not consider the necessity, given by ECHR, to go over the cases in which there was exploitation of women, and to ensure, anyway, the preservation of the family ties between the minor and the intentional parent.

Sommario

1. Introduzione – 2. Che cos’è un reato universale? – 3. La giurisdizione extraterritoriale – 4. La finalità interpretativa dell’intervento legislativo – 5. Conclusioni.

Vittimizzazione secondaria: proliferazione di un fenomeno contrario ai diritti umani

Giorgia Beninati

Dottoressa in Giurisprudenza, Università degli Studi di Messina

(Contributo pubblicato online first)

Abstract

Nella sentenza in commento, la Corte europea dei diritti umani ha condannato lo Stato italiano per la violazione dell’art. 8 della Convenzione, volto alla tutela della vita privata e familiare. Nel caso specifico, il giudice ha dovuto pronunciarsi sulla delicata questione che sorge nel momento in cui, verificatosi un contrasto tra l’interesse della prole e quello dei genitori, si renda necessario l’equo bilanciamento degli stessi. La sentenza pur occupandosi, principalmente, della composizione tra l’interesse superiore del minore e la bigenitorialità, offre spunti di riflessione con riguardo ad una serie di ulteriori tematiche, quali la vittimizzazione secondaria, gli strumenti di contrasto alla stessa e le falle sistemiche che ne hanno favorito l’allarmante diffusione.

In the decision under review, the European Court of Human Rights condemned Italy for the violation of art. 8 ECHR, which protects private and family life. In this particular case, the court had to rule on the sensitive issue that arises when a clash between the interests of the offspring and the parents has occurred and it becomes necessary to fairly balance them. The ruling, while mainly dealing with the composition between the best interests of the child and the issue of bi-parenting, offers insights with regard to a number of additional matters, such as the secondary victimization, the means to combat it and the systemic flaws that have fostered its alarming spread.

Sommario

1. Il caso e la vittimizzazione secondaria: riscontro concreto. – 2. Strumenti di contrasto al fenomeno: efficacia reale o mero proclama? – 3. Interesse superiore del minore: un diritto sostanziale, un principio giuridico e una regola procedurale. – 4. Consulenza tecnica unica: il grimaldello che ha favorito l’accesso della sindrome di alienazione parentale nelle aule giudiziarie. – 5. Un rinnovato sguardo alla sentenza della Corte: considerazioni conclusive.