La registrazione anagrafica del terzo genere: una comparazione tra Bundesverfassungsgericht e Corte costituzionale italiana

Valentina Capuozzo

Assegnista di ricerca in Diritto pubblico comparato, Università di Bologna

(Contributo pubblicato online first)

Abstract

Il lavoro analizza in chiave comparata le decisioni del Bundesverfassungsgericht tedesco e della Corte costituzionale italiana in materia di registrazione anagrafica del terzo genere. In Germania, una decisione di incompatibilità ha stimolato un’evoluzione normativa significativa. In Italia, il giudice delle leggi ha adottato un atteggiamento più cauto, pur evidenziando un problema di tono costituzionale. Il confronto si concentra sui rimedi utilizzati dalle due Corti per colmare i silenzi legislativi e sulle differenti modalità di dialogo tra giurisdizione costituzionale e legislatore nei due ordinamenti.

The study provides a comparative analysis of the decisions of the German Bundesverfassungsgericht and the Italian Constitutional Court on the registration of a third gender. In Germany, a declaration of incompatibility spurred significant legislative evolution. In Italy, the Constitutional Court adopted a more cautious approach, while highlighting a constitutional issue. The comparison focuses on the remedies employed by the two Courts to address legislative omissions and the differing modes of dialogue between constitutional jurisdiction and legislatures in the two legal systems.

Sommario

1. Introduzione. – 2. La registrazione anagrafica del terzo genere come problema giuridico. – 3. Il caso tedesco. – 3.1. La decisione di incompatibilità del Bundesverfassungsgericht. – 3.2. L’evoluzione normativa e giurisprudenziale fino all’intervento legislativo del 2024. – 4. Il caso italiano. – 4.1. Il self restraint della Corte costituzionale italiana nella sentenza n. 143 del 2024. – 4.2. L’ulteriore profilo dell’autorizzazione giudiziale. – 5. Riflessioni conclusive.

«Ecco il guaio!» Brevi note su donne e cittadinanza nel regime fascista, a partire dalla discussione parlamentare per l’«Ammissione delle donne all’elettorato amministrativo» (l. 22 novembre 1925, n. 2125)

Stefano Malpassi

Assegnista di ricerca in Storia del diritto medievale e moderno, Università di Ferrara

(Contributo pubblicato online first)

Abstract

Nel lungo e travagliato percorso che ha condotto al riconoscimento del diritto di voto alle donne in Italia, la legge 22 novembre 1925, n. 2125 – che estendeva il suffragio con riferimento al solo voto amministrativo – costituisce una tappa a cui troppo spesso si è guardato con scarsa attenzione. La legge, e più ancora il dibattito parlamentare che ne accompagnò l’approvazione, può offrire, invece, un interessante spaccato di quella che fu la peculiare visione fascista della cittadinanza, e di quella femminile in particolare. Sarà allora interessante notare come molte delle voci che si levarono in aula sembravano in fondo continuare a perpetrare la costante marginalizzazione del discorso sull’uguaglianza, mentre a riemergere con forza era piuttosto il discorso sulla capacità femminile e sulla funzione che il voto andava a integrare. Agli occhi di buona parte della riflessione giuspolitica fascista, infatti, l’allargamento del suffragio sembrava costituire uno degli strumenti utili a ripensare l’ordine, favorendo una partecipazione (anche femminile, appunto) alla vita della nazione che non costituiva tuttavia un diritto. Il voto, insomma, e persino quello amministrativo e femminile, poteva servire ad alimentare la sempre più stretta e feconda relazione tra Stato e società, a riprova del fatto che il complesso nodo voto-cittadinanza-diritti potesse essere risolto variamente e non necessariamente in senso democratico. A fare da sfondo al dibattito stava poi la costante tendenza della riflessione giuridica nostrana – e non solo di quella di regime – a ricondurre la partecipazione femminile entro schemi che finivano per mortificare qualsiasi dimensione emancipatoria. Da tale prospettiva anche la vicenda del 1925 potrà contribuire a una più complessa comprensione anche delle successive tappe di un percorso – quello della cittadinanza femminile – ancora tutt’altro che compiuto.

An examination of the extensive and arduous path that culminated in the establishment of the right to vote for women in Italy reveals a significant yet often overlooked landmark: Law No. 2125 of November 22, 1925, which merely extended suffrage to the administrative vote. However, a thorough examination of the law, as well as the parliamentary debates that accompanied its passage, reveals a distinctive Fascist perspective on citizenship, particularly with regard to women’s citizenship. The paper will demonstrate how many of the voices raised in parliament appeared to perpetuate the constant marginalization of the discourse on equality, while the discourse on women’s capacity and the function that the vote was going to integrate resurfaced forcefully. From the perspective of fascist jus-political reflection, the expansion of suffrage was regarded as a means to reimagine the established order, fostering citizens’ participation in the nation’s life, including the involvement of women, though not necessarily as a right. The practice of voting was rather regarded as a means to fortify the bond between the state and society, thereby confirming the complexity of the nexus between vote, citizenship, and rights, which could be resolved in diverse ways, including non-democratic ones. The debate was further characterized by the persistent tendency within Italian legal discourse — both fascist and non-fascist — to circumscribe women’s involvement within boundaries that effectively stifled any emancipatory potential. From this perspective, renewed attention to the 1925 debate can be seen as a factor contributing to a more complete understanding of the later stages of the trajectory toward substantive female citizenship in Italy, a journey that has remained unfinished.

Sommario

1. Premessa, o di come una legge mai attuata possa rappresentare un terreno d’indagine per parlare di cittadinanza e fascismo. – 2. In breve: come si è arrivati alla proposta di legge per la «Ammissione delle donne all’elettorato amministrativo»? – 3. La discussione parlamentare del 14 e 15 maggio 1925. – 3.1. Di voto alle donne e di fascisti (I): le relazioni Lupi e Acerbo. – 3.2. Un dibattito a più voci. Gli interventi in aula. – 3.3. Di voto alle donne e di fascisti (II): Acerbo, Lupi, Mussolini e la conclusione della discussione parlamentare. – 3.4. Dopo l’approvazione: una scienza giuridica distratta? – 4. Qualche notazione conclusiva a margine di una vicenda minore.

Focus “Non Binary Identies and the Law”

A cura di G. Noto La Diega e A. Schuster

(Contributi pubblicati online first)

‘Sex/Gender’ and the Mirage of Non-Binary Identities in the European Court of Human Rights’ Case Law

Sam Chollet

La situación del reconocimiento legal de las identidades no binarias en el Perú: Un análisis desde la perspectiva del derecho humano a la identidad

Peter Alexis Cruz Espinoza

Language as a Cage and a Tool: Drafting Non-Binary into UK Legislation

Oscar Davies

Transformative Constitutionalism and Gender Identity in Comparative Perspective

Giacomo Giorgini Pignatiello, Giulio Farronato

Lessons from a Fair Adjudication of Third Gender Markers: A Comparison of Canadian, English, French, and European Judicial Perceptions of Non-Binary Gender Markers

Alexandre Gliott

Law as Symbolic Other in the Acquisition of Personhood for Non-Binary Individuals

Carolynn Gray

Appunti per un progetto abolizionista

Francesco Rana

Il diritto ad essere diversi: oltre il binarismo nella rettificazione di sesso?

Giulia Sulpizi